Non solo Phalaenopsis...

Le Orchidee

La famiglia delle Orchidee (Orchidaceae) è una delle più numerose tra le piante fiorite, con circa 28.000 specie distribuite in quasi tutto il mondo.

Nonostante le orchidee occupino prevalentemente la fascia tropicale con epifite dai fiori appariscenti (quali quelle appartenenti ai generi Phalaenopsis, Dendrobium o Cattleya), anche l’area mediterranea ospita numerose specie.

In Italia ne sono presenti circa 230, tutte terrestri (o geofite), che seguono un ciclo annuale.

Grazie ai loro organi perennanti (bulbo-tuberi, rizotuberi o rizomi), queste piante vanno in estivazione: durante la stagione calda la parte epigea della pianta si dissecca, per poi ricomparire nei mesi autunnali e fiorire in primavera o inizio estate.

Nonostante l’elevato numero di specie e di ambienti che sono in grado di colonizzare, le orchidee possono essere estremamente rare e sono tra gli organismi più minacciati dall’azione antropica e dai cambiamenti ambientali a causa delle strettissime relazioni che intrecciano con altri organismi dell’ecosistema.

I sistemi di attrazione e impollinazione

Le orchidee hanno in genere relazioni esclusive con i loro impollinatori. Si tratta, di solito, di api, vespe e mosche, ma anche falene, farfalle, moscerini o, nel caso delle specie tropicali, uccelli.

I modi in cui i vari impollinatori possono visitare i fiori e trasportarne i pollinodi (masse di polline) da un fiore all’altro spesso prevedono strategie complesse ed ingannevoli.

Le orchidee usano comunemente il nettare per attirare gli impollinatori, ma possono anche fingere di produrlo attraverso colori sgargianti, forme o fragranza e persino imitando i fiori di altre piante.

Alcune orchidee ingannano invece gli impollinatori imitando l’aspetto e i profumi prodotti dagli insetti.
Nelle specie del genere Ophrys i fiori presentano un labello che simula, per forma, colori iridescenti o presenza di macule colorate e peli, il corpo di un’ape femmina o di una vespa; i fiori emanano inoltre un profumo che simula i feromoni prodotti dalle femmine ricettive.

Quando il maschio atterra sul fiore, afferra il labello e tenta di copulare. Nel processo, il fiore deposita i pollinodi sull’insetto, che li trasporta e deposita sul fiore che visita successivamente.

Una volta impollinato, il fiore produce una capsula in grado di contenere decine di migliaia di minuscoli semi, tanto piccoli da essere definiti “dust seeds” (“semi polvere”).

La simbiosi micorrizica

I semi, grandi circa mezzo millimetro, sono quasi interamente privi di sostanze nutritive e quindi, in natura, incapaci di germinare da soli e svilupparsi in plantule.
Questo ostacolo viene, però, superato grazie all’azione di specifici funghi del suolo (funghi micorrizici delle orchidee) in grado di instaurare una simbiosi con l’orchidea. Attraverso questa simbiosi si realizza l’apporto di acqua, minerali e carbonio organico che permette la germinazione dei semi e lo sviluppo dei protocormi (stadio iniziale eterotrofo di tutte le orchidee).

La simbiosi si mantiene anche nelle piante adulte, sia nelle specie aclorofilliche (quali Neottia nidus-avis), sia in quelle in grado di fotosintetizzare. La dipendenza delle orchidee nei confronti del carbonio organico fornito dai funghi simbionti è detta micoeterotrofia.

La riproduzione in vitro (in laboratorio)

Dato che il degrado degli habitat può limitare la presenza di insetti impollinatori e/o dei funghi micorrizici nel suolo, la riproduzione in laboratorio delle orchidee può essere l’unica soluzione per rinforzare le popolazioni naturali.
In condizioni sterili e controllate di laboratorio, infatti, è possibile ottenere la germinazione dei semi, anche attraverso colture asimbiotiche (ovvero in assenza del fungo micorrizico), grazie a terreni di coltura contenenti tutti i nutrienti che in natura vengono forniti dal fungo.

In alternativa si può procedere ad una semina simbiotica, utilizzando i funghi micorrizici, precedentemente isolati dalle orchidee in natura. La tecnica di germinazione dei semi assistita “in vitro” permette di produrre grandi quantità di orchidee “in barattolo” pronte per essere reintrodotte nel loro habitat naturale.

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